Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una componente della retribuzione per i lavoratori subordinati, comunemente anche conosciuto come liquidazione. Rappresenta una parte di salario che viene accumulata nel tempo ed erogata al termine del rapporto di lavoro.
Vediamo in dettaglio che cos'è il TFR e come si calcola.
Il TFR è una somma che il datore di lavoro accantona ogni anno per conto di ciascun dipendente, con l'obiettivo di fornire una liquidazione a conclusione del rapporto di lavoro.
L'accantonamento non è una scelta dell'azienda o del dipendente ma è previsto dalla stessa legge italiana e rappresenta una forma di risparmio forzato per il lavoratore, finalizzata a far sì che una volta concluso il rapporto l'individuo possa disporre di una somma utile alle proprie esigenze.
Sapere come funziona il meccanismo che sta alla base del TFR è importante per gestirlo al meglio e scegliere a chi affidarlo.
Partiamo con il capire come viene determinato questo importo. Il calcolo del TFR è regolato dall'art. 2120 del Codice Civile italiano.
La formula di base prevede che per ogni anno di servizio, il datore di lavoro accantoni una quota pari alla retribuzione annua divisa per 13,5. Inoltre, questa somma viene rivalutata annualmente per tenere conto dell'inflazione.
L'aggiornamento annuale avviene applicando un tasso dell'1,5% e una parte variabile del 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo ISTAT rispetto all'anno precedente.
Esempio di calcolo del TFR
Supponiamo che un lavoratore percepisca una retribuzione annua complessiva di 27.000 euro. La quota accantonata per il TFR sarà:
Quota TFR = 27.000/13,5 = 2.000 euro
Alla fine dell'anno, questa quota verrà rivalutata in base ai tassi sopra indicati.
Cosa accade se il lavoratore ha bisogno di liquidità prima della cessazione del rapporto di lavoro o di raggiungere la pensione? In questo caso, la legge prevede delle particolari situazioni in cui è possibile fare richiesta di prelievo di una parte del TFR.
Se il lavoratore ha almeno otto anni di servizio continuativo, ha il diritto di richiedere un anticipo del TFR fino al 70% dell'importo maturato, purché sussistano giustificati motivi legati a spese urgenti come:
Per ottenere il riscatto (o anticipo) del TFR, il lavoratore deve presentare una domanda formale al datore di lavoro, accompagnata dalla documentazione che attesti la necessità della spesa per cui viene richiesto l'anticipo. La richiesta viene quindi valutata dal datore di lavoro, che verifica la sussistenza delle condizioni previste dalla legge.
Dal 2007, con l'entrata in vigore della riforma della previdenza complementare, ai lavoratori è stata concessa la possibilità di decidere dove destinare il loro Trattamento di Fine Rapporto (TFR), occupandosi dunque in prima persona di questo aspetto del proprio futuro finanziario.
Il TFR può essere lasciato in azienda o destinato a forme pensionistiche complementari e il lavoratore deve esprimere la propria decisione entro sei mesi dalla data di assunzione:
Se il lavoratore non esprime una scelta esplicita entro il termine previsto, il TFR viene automaticamente destinato a un fondo pensione collettivo. Questo processo è chiamato "conferimento implicito" e avviene secondo le seguenti modalità:
La scelta iniziale di conservare il TFR in azienda può comunque essere revocata e il dipendente può successivamente decidere di trasferire il TFR maturato a una forma pensionistica differente. Viene dunque garantita una certa flessibilità, permettendo ai dipendenti di adattare la gestione del TFR alle proprie esigenze e alle condizioni di mercato nel corso del tempo
La liquidazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) avviene quando il rapporto lavorativo cessa, qualunque sia la motivazione - dimissioni, licenziamento o pensionamento - e si esplica nell'erogazione dei fondi accumulati nel corso degli anni.
Alla conclusione del rapporto di lavoro, dunque, il datore di lavoro è tenuto a liquidare il TFR al dipendente: questa operazione comporta il calcolo e il pagamento dell'importo totale accumulato durante gli anni di servizio.
La cifra deve includere:
Sta al lavoratore, però, verificare attentamente l'importo del TFR liquidato per assicurarsi che sia corretto. La verifica può essere fatta confrontando le cifre con le buste paga e le comunicazioni ricevute dal datore di lavoro nel corso degli anni.
In caso di errori o discrepanze, il lavoratore ha il diritto di contestare l'importo ricevuto e procedere con una richiesta informale di chiarimenti al datore di lavoro oppure, se il problema sussiste, ricorrendo alle vie legali attraverso un decreto ingiuntivo o un ricorso al tribunale competente.
L'art. 2122 del Codice, prevede peraltro la liquidazione del TFR anche in caso di decesso del lavoratore. Per questa eventualità si prevede che il TFR venga corrisposto, in forma di indennità sostitutiva, ai familiari del lavoratore (per esempio coniuge e figli) e, se vivevano a suo carico, anche i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.
Cosa accade al TFR se l'azienda fallisce? C'è il rischio di perdere il denaro accantonato? In realtà, no: il TFR viene infatti garantito da un fondo nazionale gestito dall'INPS, che interviene per coprire i crediti dei lavoratori proprio in caso di insolvenza del datore di lavoro. Esiste dunque una forma di tutela da questo punto di vista, che assicura anche nella peggiore delle ipotesi la possibilità di riscuotere gli importi versati.